CENTRO - 5 ragazzi sospesi per minacce e pressioni psicologiche e frasi denigratorie che minano l’autostima. La situazione non è delle più rosee alla scuola Media Leopardi ma la vicepreside Daniela Gastaldi è ottimista: «Abbiamo adottato una linea dura con questi casi, aderendo anche al progetto “Gruppo Noi” che si avvale di un gruppetto di una ventina di ragazzi. Questi casi, isolati, di ciberbullismo saranno sconfitti. La scuola è molto attenta e molto agguerrita per isolare i bulli ed annientarli».
Corre sul filo del telefono il bullismo nelle scuole medie trofarellesi. In particolare sui gruppi di WhatsApp dove il branco, il gruppo, a volte prende di mira il ragazzino sensibile di turno e lo massacra. «è l’arma dei vigliacchi, quella che prende di mira il debole e lo denigra davanti agli altri, lo minaccia addirittura. Forte di non avere davanti a sé delle persone ma solo lo schermo di un telefonino. Questi episodi sono sempre esistiti ma adesso vengono amplificati dal fatto che la totalità dei nostri allievi della Leopardi ha un telefono. Su questo strumento corre di tutto, dalle minacce alle faccine dei compagni, dalle foto spinte fatte dalle ragazzine alle risse verbali. Questo anche se il telefono è bandito in classe, ritirato alle 8 e restituito alle 14. è fuori scuola che accade il peggio».
Cosa può fare la scuola? «Può fare e fa molto. Noi alla Leopardi siamo in prima fila. Gli educatori che girano nelle classi sono molto attenti e riportano tutto ma è soprattutto lavorando con i ragazzi che vinceremo la partita, isolando i ragazzi/bulli. Con il Gruppo Noi, allievi di terza media che, muniti di un tesserino, girano per le classi, si mettono a disposizione dei compagni. Con un proprio coetaneo è più facile confidarsi rispetto ad un professore – spiega la Gastaldi – Io stessa, con la mia collega Antonella Gramoni, siamo nella consulta della Procura dei Minori e lavoriamo in rete per trovare idee e sconfiggere questo mostro. Il lunedì pomeriggio ci troviamo con i ragazzi del Gruppo Noi con cui stiamo preparando una nuova campagna. Sono sicura che risolveremo definitivamente il problema. Ci stiamo già riuscendo». E le famiglie cosa possono fare? «Le famiglie possono fare molto. Anzi, direi che sono l’anello principale di questa catena di prevenzione. Non avere paura di denunciare episodi di bullismo subiti dai propri figli. Quando abbiamo sospeso i 5 ragazzi abbiamo scoperto che non si trattava di ragazzi abbandonati a loro stessi. Anzi. Si tratta di mamme e papà presenti, famiglie bene che magari sono solo un po’ lontane o non hanno gli occhi così aperti. Il genitore del bullo si vede cadere sulla testa una tegola enorme. I genitori che scoprono di avere figli bulli devono, a loro volta, assimilare il colpo. Per questo occorre vigilare. Controllare e non chiudere gli occhi. Il dialogo è la cosa migliore. Fa superare le incomprensioni – conclude la Gastaldi – è un’età difficile. Un’eta complessa che per fortuna finisce ma che comunque ha bisogno di sfogare le proprie frustrazioni. A volte queste frustrazioni vengono sfogate con i propri coetanei e compagni. I genitori possono dare un grosso contributo». Il progetto “Gruppo noi”, proposto dalla procura della Repubblica presso il tribunale per i minorenni di Torino, è stato accolto dall’ufficio scolastico regionale già nel 2015 e presentato al tavolo dell’osservatorio di prevenzione bullismo. L’attività viene realizzata presso le scuole anche con la collaborazione degli organi di polizia e delle Asl locali. L’iniziativa ha dimostrato la sua efficacia nella prevenzione di comportamenti derivanti da alcune forme di disagio socio relazionale come il bullismo, lo scarso rispetto della persona o dell’ambiente scolastico.