VALLESAUGLIO – «Un libro sulla storia di una vita scritto da uno che non ha mai frequentato una vera scuola». Inizia così il libro di Nico Bosa, artigiano, operaio e mille altre cose che a settembre ha pubblicato la storia di un uomo che presenta un vero e proprio “Difetto di fabbrica”: Nico ci scherza sopra. Scherza su tutte le marachelle fatte fin da piccolo: «Era come se avessi qualcosa che mi faceva sempre finire nei guai. Ma me la sono sempre cavata. Sono venuto al mondo il primo di luglio del 1938 all’ospedale di Motta di Livenza in provincia di Treviso.
L’abitazione della mia numerosa famiglia era una piccola, modesta casetta e si trovava a Campo di Pietra nella frazione Salgareda, sempre nella provincia di Treviso.
Sono l’ultimo di otto fratelli più la mia unica sorella Milla, nata nel 1943. Il nome di battesimo Milla le fu dato in ricordo di nostro fratello Millo il quale fu alpino nella brigata Julia, caduto in Russia o meglio congelato e ucciso dal grande freddo intorno al 23 gennaio del 1943, la data è approssimativa. Non avemmo alcuna notizia di lui fin dal 1941. Il ricordo evanescente di Millo rimane fermo nella mia memoria ad un solo istante: era tornato a casa per salutare papà, mamma e anche noi fratelli perché avrebbe dovuto ripartire subito senza conoscere la futura destinazione…. Di Millo ricordo solo che mi prendeva in braccio, mi lanciava in alto e ricadevo felice fra le sue forti braccia». Classe 1938 e penultimo di dieci figli. Emigrato con la sua numerosa famiglia agli inizi degli anni ’50 da un anonimo paesello della provincia di Treviso, approdato a valle Sauglio (Trofarello) dove ha messo radici definitive, Nico Bosa, in poche intense e appassionate pagine, descrive la sua movimentata vita di adolescente.
«Nico descrive episodi del suo travagliato trascorso con entusiasmo e freschezza, sebbene egli ci tenga a ribadire che è “uno che non ha mai frequentato una vera scuola” – spiega Michele Di Girolamo che ha curato la presentazione delle 50 pagine raccolte in un volumetto snello e veloce da leggere – Giunto all’età matura di 74 anni, Nico, ha avuto lo spirito e la caparbietà di prendere carta e penna e imprimere i ricordi del passato, che non sono solo i suoi, ma quelli di una intera generazione. Nico ha avuto la forza di rievocare la memoria, di tornare indietro e farla riemergere, di raccontarla e comunicarla.
La memoria significa non solo custodire ma anche elaborare un ricordo e Nico Bosa ha fotografato con limpida chiarezza gli anni che qui di seguito egli rievoca.
Nel breve scritto, Bosa, ci fa conoscere un’incredibile quantità di episodi da lui vissuti: alcuni curiosi, altri allegri e spassosi, altri ancora drammatici, senza mai recriminare le amarezze e le tribolazioni passate.
Attraverso gli episodi descritti, Nico non vuole ricordare solo singoli scorci del suo passato giovanile, ma fotografare con lucidità invidiabile anche la società in cui visse a quell’epoca.
L’episodio, forse il più avvincente, è quello che: “poco più che bambino, gli furono affidate quindici vacche da custodire in un prato nei pressi della ferrovia. Nico era scalzo, calcava un cappellino sulla testa per ripararsi dal sole e brandiva un ruvido bastone da pastorello; un treno merci si fermò li vicino in attesa del semaforo verde e Nico non ci pensò due volte ad arrampicarsi e a cavalcare un respingente dell’ultimo vagone. Il treno ripartì e Nico rimase a cavalcioni del respingente fino al capolinea… la stazione di Torino Lingotto”
Nico Bosa, con coraggio e generosità, si propone come guida e interprete di coloro i quali vorrebbero raccontarsi e non hanno magari il tempo e le occasioni per farlo».