CENTRO – Claudio Lorenzoni, responsabile del museo a cielo aperto di Camo, promotore della campagna sugli spazi imprecisi, lancia un’altra idea su come utilizzare le vecchie ed ormai in disuso cabine telefoniche pubbliche. «Questa mattina mi è caduto l’occhio (per l’ennesima volta) sulla cabina telefonica sita in via Torino angolo via Battisti – esordisce Lorenzoni – Il cartello affisso sul lato posteriore recita “in dismissione dal 14/8/23”. I pensieri sono volati a 30 anni fa quando dentro quella cabina facevo le prime telefonate “amorose” lontano da orecchie casalinghe curiose. Storicamente, fra i numerosi oggetti urbani, la cabina telefonica è uno degli elementi più significativi per capire quanto drasticamente sia mutata la fruizione dello spazio pubblico.
Così come la rivoluzione industriale ha lasciato strascichi non indifferenti sul territorio, e con il progetto Spazi Imprecisi ne stiamo andando alla ricerca, la rivoluzione antropologica delle telecomunicazioni ha radicalmente ribaltato il concetto della comunicazione.
Se pensiamo infatti che le prime cabine telefoniche erano concepite come spazio intimamente privato, in cui nessuno doveva essere testimone di conversazioni altrui, oggi, con l’arrivo dei cellulari la telefonata è diventata voyeristica e fastidiosa portando lentamente, ma inesorabilmente, la cabina alla pensione. Allo smaltimento per l’esattezza.
E se invece sino ad allora, piuttosto che lasciarla abbandonata nella sua imprecisione ci fosse un suo recupero nostalgico? – si chiede Lorenzoni avanzando anche una proposta – Trasformarla in piccoli spazi di memoria, mini-biblioteche, mini-gallerie d’arte, mini-musei o mini-teatri?
Avanti tutta e tirate fuori idee».