CENTRO – Le parole di Papa Francesco in tema di omosessualità hanno sollevato non poche perplessità. Le polemiche e le strumentalizzazioni che come sempre circondano questo tipo di interventi non aiutano certo a comprenderne la vera portata. Per chiarire la questione sentiamo il pensiero di Don Sergio Fedrigo, parroco di Trofarello e Don Giovanni Viecca, parroco della comunità di Valle Sauglio, completando il quadro con l’intervento di Stefano Francescon, attivista LGBT, per avere una visione completa e poter comprendere veramente il significato, non solo religioso ma anche sociale e giuridico, delle parole del Santo Padre.
Don Sergio Fedrigo, a scanso di equivoci, riporta subito le parole di Francesco: «“Le persone omosessuali hanno diritto di essere in una famiglia. Nessuno dovrebbe essere estromesso o reso infelice per questo. Ciò che dobbiamo creare è una legge sulle unioni civili. In questo modo sono coperti legalmente. Mi sono battuto per questo”. Mi hanno felicemente sorpreso queste parole del Papa – sottolinea Don Sergio – Su questi argomenti non ho mai taciuto, allorché, soprattutto i giovani, chiedevano il mio pensiero. Ancora oggi veniamo a sapere purtroppo di giovani sbattuti fuori dalla loro famiglia, appena dopo che avevano fatto coming out (termine inglese che sta a indicare la decisione di dichiarare apertamente il proprio orientamento sessuale). Questo non è tollerabile. Si tratta di cambiare la mentalità di chi vede la omosessualità come una malattia curabile, una vergogna per la famiglia. Mi sento di dire con chiarezza però che il Papa non cambia la morale cattolica. Desidera piuttosto mentalizzarci secondo una prospettiva fedele al Vangelo: Gesù infatti non ha mai estromesso nessuno di coloro che, agli occhi dei benpensanti del suo tempo, erano considerati perduti». Da questo punto di vista, Don Sergio sottolinea che c’è ancora tanto «cammino da fare, nelle coscienze, all’interno delle famiglie, nelle comunità parrocchiali e nella società tutta».
Anche Don Giovanni Viecca sottolinea subito che le dichiarazione del Papa non vanno a modificare la morale cattolica. «Il Papa ha detto chiaramente che la famiglia è composta da marito, moglie e figli: questo è divino. Nel Primo libro della Bibbia c’è scritto: “Dio creò l’uomo, maschio e femmina li creò”. Relativamente alle dichiarazioni del Papa è bene fare chiarezza: non ha detto che gli atti sessuali tra omosessuali non siano peccato. Ha detto che si può accettare, a livello giuridico, un atto che certifichi lo stato di convivenza di una coppia omosessuale. Quindi, il Papa ha sottolineato che è un bene che ci sia una legge sulle unioni civili, che tuteli la coppia e soprattutto i figli. Se due persone vivono insieme e hanno dei beni insieme, quando uno muore, per esempio, è giusto che ci sia una regolamentazione, uno strumento giuridico che certifichi la convivenza e che vada a tutelare le situazioni giuridiche che ne possono derivare». E poi aggiunge: «Il Papa non ha negato la santità del matrimonio. Però ci ha detto che tutti abbiamo ricevuto la vita da Dio e tutti siamo amati da Dio. E Da questo “tutti” nessuno può essere escluso. Men che meno gli omosessuali, che quindi devono essere tutelati e sostenuti, a livello sociale e giuridico, al pari di tutti, anche se non possono avere una piena comunione con la Chiesa». Ed è proprio sulla dimensione dei sacramenti che Don Giovanni precisa: «in linea teorica, così come una coppia di conviventi non può ricevere la comunione, la cosa potrebbe estendersi ai conviventi omosessuali. Diverso sarebbe se un omosessuale non convive: in questo caso potrebbe certo fare la comunione o chiedere i sacramenti per un figlio adottato. Su questo argomento il Papa ha però precisato la necessità di non rifiutare i sacramenti alle persone che convivono. Ormai sono tanti i casi di persone conviventi che ricevono la comunione e che chiedono sacramenti per i figli, anche presso la nostra parrocchia. Non posso certo negarli. Ma questo è così già da tempo: ciò che ha detto il Papa non cambia lo stato delle cose». Infine, in tema di figli il pensiero di don Giovanni è tutto incentrato sull’amore. «L’uomo è fatto per amare. Se due omosessuali decidono di adottare un figlio e riversano il loro amore su un bambino che altrimenti passerebbe chissà quale vita, magari in un orfanotrofio, questo è un gesto che deve essere tollerato. Poi è chiaro che la mancanza di una mamma o di un papà è una questione su cui si può discutere a livello di crescita del bambino, ma non si può mettere in discussione la necessità di salvaguardare l’amore verso di lui, amore che può essere donato da qualsiasi coppia, etero od omosessuale che sia».
L’intervento di Stefano Francescon completa il quadro già offerto da Don Sergio, in merito ala necessità di conoscere, educare, informare bambini, giovani e adulti relativamente a questi temi, sui quali c’è ancora molto cammino da fare. «Mi hanno sorpreso positivamente le parole di Papa Francesco – dice Stefano – Parole di apertura nei confronti delle persone LGBTQI. Perché non dimentichiamoci che dietro queste lettere ci sono storie, persone vere e affetti. Finalmente si vede un’apertura, che però non basta, perché altre realtà cristiane e cattoliche sono già più avanti e seguono l’evoluzione di una società che da tempo ha modificato il concetto di famiglia. Sicuramente, è fondamentale il rapporto costante con i giovani e le famiglie su questi temi, per costruire una società che non discrimini e soprattutto che abbia voglia di trasmettere un linguaggio che si basi sulla conoscenza di queste tematiche. Ancora oggi assistiamo a continui attacchi verso la comunità LGBTQI: violenza, discriminazione, ma anche dalle famiglie che molto spesso si sentono sole quando un figlio sceglie di dichiararsi ed essere libero dopo tante domande e dubbi. Ecco perché vanno accompagnate e sostenute, sapendo che i figli sono sempre figli. Anche nella nostra comunità parrocchiale – e da qui rivolgo un appello a Don Sergio, agli animatori e alle famiglie – vi è la necessità di parlare di questi temi con i propri figli e con i ragazzi che frequentano l’oratorio e le realtà parrocchiali, perché dobbiamo accompagnarli alla conoscenza, bussola imprescindibile quando si affrontano tematiche come queste, che toccano la vita delle persone. In Italia la legge sulle unioni civili ha finalmente messo un punto fermo e chiaro, riconoscendo l’amore e la libertà per tante coppie che erano invisibili agli occhi dello Stato. Non cadiamo però nell’errore di guardare ai diritti come un qualcosa di conquistato e dovuto, perché sappiamo che non è così. Quello dei diritti è un lavoro costante, che ci deve vedere tutti impegnati, perché la libertà e l’amore di ognuno di noi deve essere qualcosa che va difeso sempre».
Davide Lucchetta