CENTRO – Un lenzuolo bianco per dire “no” ad ogni forma di violenza. è la testimonianza che resta a conclusione della marcia contro i muri dell’incomprensione e delle discriminazioni. Lenzuolo che sarà itinerante e che potrà essere esposto dal balcone di casa da chiunque ne faccia richiesta. Ha fatto registrare una buona partecipazione, con un centinaio di persone munite di cartelloni e slogan, la marcia contro il razzismo, le intolleranze, le discriminazioni raziali che ha visto addetti ai lavori e cittadini comuni camminare da piazza Europa a piazza I° Maggio per manifestare contro ogni forma di violenza.
«Una marcia che è nata dalla base, dalla gente comune. Alcuni di noi, pensando ai fatti di Macerata, hanno pensato di organizzare qualcosa per manifestare il nostro dissenso. Una reazione a quella violenza gratuita che abbiamo visto, difronte alla quale non volevamo restare in silenzio – esordisce Luca Eandi – Quindi abbiamo chiesto alle persone che ancora si indignano per queste cose, di farsi vedere, di provare a marciare nel paese per dire “Non ci sto”. Noi siamo contro ogni forma di discriminazione e fascismo, siamo contro la violenza siamo a favore di una forma di solidarietà con gli ultimi… e questo è lo scopo della manifestazione». Cosa sono i muri per lei? «I muri più di qualsiasi altra cosa sono l’ignoranza e l’incapacità di guardare agli altri con occhi semplici. Ognuno di noi è diverso dagli altri e non per questo è necessariamente un nemico. Non per questo deve essere visto come qualcosa di negativo. Le diversità sono ricchezze». Tra i cittadini presenti alla marcia anche gente comune: «Sono nonna di due nipotine e mi piacerebbe lasciare un mondo migliore – spiega Graziella Allegrezza – Dove non ci sono differenze né di colore né di pelle o altre cose». Don Sergio Fedrigo: «Sono contento di partecipare perché penso che la cosa più grave sia l’indifferenza». Durante il percorso sono stati letti alcuni brani ed alcuni spunti di riflessioni da Martin Luter King a brani del Vangelo, letti anche da molti bambini. «Credo che siamo tutti cittadini del mondo e che non ci siano cittadini di serie A e di serie B. Inorridisco di fronte ad espressioni come “Siamo Italiani e l’Italia è nostra: noi siamo per caso in questo territorio, avremmo potuto nascere in qualsiasi altra parte del mondo e siamo privilegiati ad essere nati nella parte più ricca – commenta Adriana Cortassa – Abbiamo quindi un obbligo morale nei confronti di chi è stato depredato nel corso dei secoli. Insegno anche ai migranti e vedo la fatica che fanno per trovare una identità ed un inserimento in questo mondo. Le risorse ci sarebbero per sfamare tutti, ma purtroppo è sempore troppo ampia la forbice di differenza tra chi ha troppo poco e chi ha moltissimo».