Da qualche tempo sulla scrivania ho una volpe. Un’amica furba che mi aiuta a superare le mie risapute ingenuità. L’altra sera mi spiegava come sia veramente preoccupata della piega che sta prendendo questa città. Credo che questa città si debba fermare un attimo a pensare dove sta andando e quale sia la propria direzione. Io e la mia volpe, quando ci raccontiamo le storie, lo facciamo. Perché per noi è buona anche l’uva acerba… è diversa, un po’ di acerbo ti permette di assaporare meglio il dolce.
Quando in un paese civile deve essere un parroco a prendere in mano la situazione per combattere il degrado del gioco d’azzardo la situazione è preoccupante – mi spiega la mia volpe. Ma ce lo vedete don Sergio che attacca cartelloni inneggianti alla lotta al gioco d’azzardo. Ma poi, scusate, non è lo Stato che gestisce gratta e vinci, slot machine, enalotto, e tutto il resto? Tra le volpi non si gioca a dadi. Le volpi sono solitarie e non amano neanche le slot.
Quando una manifestazione che ha 50 anni di vita minaccia di scomparire perché le nuove norme, sacrosante, sulla sicurezza, imposte dallo Stato, obbligano ad avere personale qualificato che costa un sacco di soldi – mi dice la mia volpe – c’è da preoccuparsi. Ma gli umani non si possono mettere d’accordo e delegare questo servizio a qualche ente esterno, uno per tutti, coordinato magari dalla Proloco. Magari potrebbero dividere la spesa. Magari potrebbe partecipare anche quello che chiamate Comune. Perché non lo fanno? – mi chiede la mia volpe. «Che ne so – gli rispondo – chiedilo a loro!» A volte penso che la mia volpe sia più ingenua di me.