CENTRO – Alle stampe il nuovo libro dello studioso trofarellese Boris Pesce, “Schiavi mai”. L’ennesima fatica editoriale di Pesce, scritta insieme a non è semplicemente un saggio. Nelle sue pagine, infatti, scorre la storia della clamorosa rivolta bracciantile di Castelnuovo Scrivia del 2012, una rivolta provocata dalla fame di diritti a cui furono costretti i lavoratori immigrati, forzati a sopportare le durissime condizioni imposte loro da una rete di possidenti senza scrupoli. La ribellione dei braccianti, allora, rappresentò un atto di accusa senza precedenti nei confronti di un sistema schiavile che, dai campi alla tavola, passando per la logistica e le catene dei su-permercati, fu costretto a mostrarsi per ciò che era e purtroppo, in molti casi, è ancora: un terribile ingranaggio fondato sulo struttamento; una realtà il cui funzionamento, anche nel cuore del Piemonte, viene subordinata alla pratica del caporalato. Contro un simile stato di cose, l’organizzazione dei lavoratori seppe strutturarsi attivando insospettabili reti di solidarietà ma fronteggiando anche una dura violenza padronale e, immancabilmente, una altrettanto dura repressione.
Boris Pesce e Antonio Olivieri, in prima linea nel corso della lotta, ne ripercorrono le tappe in un libro di rara passione civile. Lo stesso sentimento di rabbia che spinse gli sfruttati alla sollevazione. Il saggio scritto con Antonio Olivieri, ex sindacalista e protagonista della lotta, racconta tutta la vicenda, attraverso un vasto repertorio di fonti, che vanno dalle interviste, alle foto, ai documenti prodotti durante la vertenza, ad articoli di giornale, agli atti giudiziari, a fonti digitali come video di you tube e che in parte costituiscono una sezione fondamentale del libro. Una rivolta provocata dalla fame di diritti a cui furono costretti i lavoratori immigrati, forzati a sopportare le durissime condizioni imposte loro da una rete di possidenti senza scrupoli. «Nel libro il mio interesse per il lavoro continua perché si parla di braccianti, la ricerca si apre però anche al mondo dei migranti, nello specifico marocchini, alla loro specificità, alla loro segregazione professionale, si parla anche dell’importanza del loro lavoro per sostenere le filiere che riforniscono i nostri supermercati, nello specifico Bennet, si parla anche della loro condizione sindacale, del rapporto con i pochi sindacati che si interessano di loro (Cgil) questo è il quadro, ma il loro descrive tutte le fasi della vicenda, lo sciopero iniziale, il presidio permanente, la vicenda giudiziaria, la solidarietà o meno degli abitanti del luogo, delle associazioni, della politica, l’epilogo e le speranze. Emerge infine attraverso le interviste la soggettività dei protagonisti, le loro storie di sacrificio, ma anche di orgoglio, di riscatto» conclude Pesce. Boris Pesce, noto per il suo impegno nello studio della storia sociale e industriale, ha costruito una carriera di successo attraverso un percorso accademico e di ricerca ricco e variegato. Pesce ha ottenuto la sua prima laurea in Filosofia, con indirizzo storico, presso l’Università degli Studi di Torino nel 2000, presentando una tesi intitolata “Profilo e composizione sociale della forza lavoro alla Nebiolo”. Successivamente, nel 2007, ha conseguito una seconda laurea in Scienze Politiche, sempre con indirizzo storico, presso la stessa università, con una tesi di storia industriale sul tema “I lavoratori della Nebiolo nel secondo dopoguerra- 1945-1975”. Nel 2016-17, ha completato un Master di secondo livello in “Il novecento aspetti storici ed economici” presso l’Università Tor Vergata di Roma.