CENTRO – Ogni anno, il 21 marzo, primo giorno di primavera, si celebra la Giornata della Memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie.
«L’iniziativa è nata dal dolore della madre di Antonio Montinaro, caposcorta di Giovanni Falcone, che, incontrando Luigi Ciotti ad una funzione religiosa in ricordo della strage di Capaci, gli domandò il perchè il nome di suo figlio, come quello degli altri agenti della scorta, non veniva mai pronunciato.
La domanda che quella madre poneva a Don Ciotti, ma anche a tutti noi, era come poteva essere celebrata la memoria di coloro che avevano perso la vita in difesa dello Stato e delle Istituzioni in una maniera che non fosse retorica e formale – spiegano all’Anpi – La risposta di Don Ciotti e di Libera, Associazione contro le mafie, è stata quella di promuovere la giornata della Memoria delle vittime innocenti delle mafie, durante la quale vengono ricordati nelle manifestazioni tutti i loro nomi e cognomi, per farli vivere ancora, per non farli morire mai, trasformando così il loro sacrificio in impegno quotidiano per noi. Dal 2017 ùna legge riconosce la giornata del 21 marzo quale “giornata della Memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime delle mafie”.
Come l’Anpi sentiamo profondamente il significato di questa giornata. Infatti anche l’Anpi è custode di una Memoria fondamentale per la nostra democrazia. È la Memoria del sacrificio di migliaia e migliaia di Partigiani che persero la vita nella lotta contro il fascismo per ridare libertà e dignità all’Italia. Custodire questa Memoria è per noi un impegno fondamentale, soprattutto oggi che è più facile che l’indifferenza ed il silenzio cali sulla nostra vita sociale, impoverendola di valori e sentimenti comuni.
Denuncia infatti Don Ciotti, come la lotta alle mafie si sia fatta più difficile. Se il grande impegno delle forze dell’ordine e della magistratura, insieme alla mobilitazione dei cittadini, ha ridotto drasticamente lo spazio alle mafie più sanguinarie, più sottili e pervasive sono le forme attraverso le quali i proventi del traffico e dello spaccio di droga, del traffico di persone, del pizzo e del ricatto vengono riciclati nel mondo ampio ed opaco della finanza.
Dobbiamo anche essere consapevoli che neanche Trofarello e le zone intorno alla nostra città sono immuni alla penetrazione mafiosa. Alcuni mesi fa un pericoloso esattore della ndrangheta è stato arrestato a Trofarello nella propria abitazione, immobile da molti anni sotto sequestro per una condanna precedente per associazione mafiosa. Parte del Castello di Rivera è nella stessa situazione. Processo Minotauro, processo Carminus-Fenice, confisca di beni ad importanti boss mafiosi, hanno interessato il territorio sud della provincia torinese a dimostrazione che il nostro territorio è inserito in un contesto a forte presenza mafiosa ed ogni forma di sottovalutazione del rischio rappresenta un pericolo in più».