CENTRO – Il 1° luglio festeggerà esattamente 60 anni di permanenza in Piemonte. Una vita vissuta in pieno lavorando sempre con passione ed il sorriso sulle labbra. «Il primo giorno di arrivo mia madre mi portò subito a lavorare nei campi. C’era il grano da tagliare e mamma mi mise il falcetto in mano e mi disse di andare con lei». Inizia così la storia di Michele Senese, 76 anni, medaglia d’oro AVIS con 88 donazioni, nato il 7 maggio 1947. Proprio 60 anni fa, a 16 anni, lasciava la sua Oliveto Citra, in provincia di Salerno, per raggiungere mamma Marianna e papà Alessandro che lo aspettavano a Trofarello, nella casa dove viveva il casellante del passaggio a livello della linea Chieri Trofarello. «Eravamo in 5. Nel 1962 papà e mia sorella erano venuti al Casello dei Sabbioni. Io sono stato dai nonni ed io fino ad allora mi alzavo alle 5 del mattino per pascolare le 8 pecore e le 3 caprette. Tornato giù dalla collina andavo a scuola con un pezzo di pane e, se c’era, un pezzo di formaggio. Terminata la terza media mio zio ci accompagnò, insieme a mia sorella Emilia, alla stazione con un biglietto per Trofarello. Era il 1° luglio del 1963. L’impatto è stato forte. Mi avevano parlato di una casa di campagna. Vedere il casello ferroviario tutto diroccato mi lasciò l’amaro in bocca. Ma mai quanto le parole di mia madre quando gli chiesi di andare in bagno. “Il bagno è fuori di casa. Sbrigati che dobbiamo andare a mietere il grano, la valigia la disfi stasera”. Scoprii che i avebbero dato 250 lire all’ora. Al mio paese ne guadagnavo 500 al giorno a raccogliere i cetrioli a Paestum. Iniziò così la mia esperienza Piemontese.Non sapevo neanche il significato della parola cascina. Dopo un po’ andai a lavorare in officina dove facevo meccanico e magazziniere. Dopo il militare, nel 1968, entrai all’Ages di Santena. Dopo un periodo al controllo qualità finii alle presse dove rimasi circa tre anni, fino all’ingresso in ferrovia. Entrai in servizio proprio a Trofarello dopo una prova attitudinale. Ed ebbi difficoltà a licenziarmi dall’Ages, perché prima, in pieno agosto, era chiusa e poi il direttore, guardando la mia scheda notò che non avevo fatto mai malattia. Non voleva farmi andare via. Alla fine riuscii a dare la dimissioni e iniziai a lavorare alla stazione di Trofarello dove sono stato per 20 anni. Fino a quando mi hanno accompagnato alla pensione. A 46 anni avevo già 40 anni di contributi. Da allora ho gestito il campo sportivo Viello chiamato da Armando Piana. Avevo i ragazzi che frequentavano il campo di calcio e quindi ero come a casa. Tagliavo l’erba, pulivo gli spogliatoi. C’erano 8 squadre e c’era un sacco di lavoro. Mi sono attrezzato ed ho iniziato a fare il pane con un forno su ruote che portavo in giro. Mamma Marianna mi aveva insegnato a 6 anni a impastare il pane.
Ci tenevano occupati ed io ho mantenuto la tradizione. Il forno ha girato ovunque. Ho fatto pane e pizza fino a quando sono andato a vivere in strada Serene. Lì avevo anche un orto enorme e mio suocero Bruno mi aveva insegnato molto. Anche lì c’era tanto da lavorare e alla fine, dopo aver sistemato i figli, abbiamo optato per un alloggio. Oggi faccio il nonno e la spalla ai miei figli Alessandro, Sara, Bruno, Claudio e Massimo». Una vita piena durante la quale anche una gita, un po’ imprudente alla ricerca di ciliege da sgraffignare sugli alberi, sorpreso dal contadino proprietario, Luigi Daffara, si è trasformata in una occasione di lavoro per la raccolta stagionale per i successivi 12 anni. «Insomma, la vita è imprevedibile e bellissima».