CENTRO – Il gruppo “Un Ponte per Gaza” di Trofarello ha aderito ad un’iniziativa consistente nell’esposizione in alcune città italiane, tra cui Torino, di grandi pannelli luminosi che riportano la denuncia di Amnesty e la condanna dell’Apartheid israeliano. «Abbiamo ora saputo che devono essere spenti. I contratti stipulati sono stati rescissi e il danaro già versato sarà restituito. Eppure l’agenzia incaricata della pubblicità prima della conclusione del contratto aveva interpellato il suo ufficio legale di fiducia ed anche il Consiglio dell’Ordine dei giornalisti, come sempre fa quando il messaggio non è meramente commerciale. Il parere era stato a favore della conclusione del contratto avendo gli esperti constatato che si riportavano brani della pubblica denuncia di Amnesty (https://www.amnesty.it/apartheid-israeliano-contro-i-palestinesi/). Poi, evidentemente, qualcosa e qualcuno sono intervenuti – spiega Gianni Ruggieri per conto del gruppo – E’ facile immaginare pressioni, minacce, ricatti, proposte di più lucrosi contratti.
Così il parere giuridico soccombe dinanzi alla forza del ricatto. Per il governo di Israele, e chi sostiene la sua politica di occupazione dei territori palestinesi, la violazione dei diritti umani deve essere denunciata e condannata se realizzata in Iran e in Afghanistan ma no se in Palestina; la battaglia per i capelli sciolti (e il loro significato) è più importante della battaglia per il diritto alla vita e alla liberazione della propria terra – conclude Ruggieri – In Palestina si può uccidere, espropriare, arrestare e discriminare senza che possa alzarsi una voce di protesta, sia essa internazionale (Human Rights Watch e Amnesty International) o israelo-palestinese (B’Tselem e Al Aq)».