CENTRO – Un esperto trofarellese che vola fino ad Atene per contrastare una pianta infestante tra le più fastidiose. Il nome scientifico è Ailanthus altissima, nome comune “ailanto”. Protagonista della consulenza internazionale è Francesco Vidotto, trofarellese, professore universitario presso il DISAFA dell’Università di Torino, esperto di studio e gestione della flora infestante in ambito agricolo ed extra-agricolo. Una consulenza che trova origine tra i ruderi dell’Acropoli di Atene, poco più di tre anni fa, quando un responsabile dell’Acropoli di Atene individua in Francesco Vidotto il giusto esperto di Ailanto a cui rivolgersi per combattere questa pianta infestante che si diffonde tanto facilmente tra i ruderi del sito archeologico. La pianta affonda le radici tra le fondamenta del sito archeologico della civiltà greca, procurando danni di conservazione e stabilità. «Tre anni fa quindi ho fatto il mio primo viaggio ad Atene per un sopralluogo all’Acropoli. L’Ailanto era dappertutto. Ho fatto una mappatura della pianta infestante nei vari edifici – spiega Vidotto – Per questa operazione ho usato una una piattaforma che si chiama “I naturalist” che può essere utilizzata da chiunque voglia registrare qualsiasi elemento esistente in modo da condividere con altri utenti la presenza di specie. Nel caso dell’Acropoli ho delineato il territorio ed automaticamente tutte le segnalazioni che riguardano l’Ailanto in quel perimetro vengono evidenziate. Con quello studio poi, insieme ai funzionari, abbiamo studiato una sorta di strategia per cercare di limitarne la diffusione. In quella zona non possono essere realizzati trattamenti chimici, che sarebbero i più idonei ma che danneggerebbero i marmi presenti nei resti e potrebbero far male ai turisti che visitano il sito. Alla fine si è scelta la strategia del taglio meccanico ripetuto che, levando ossigeno alle piante, eliminando fogliame e polloni ne riduce sensibilmente la diffusione. In altre zone hanno utilizzato la pacciamatura con teli che privano le piante della luce. Dopo tre anni ci siamo risentiti con i responsabili quasi per caso e, un paio di settimane fa, sono tornato a vedere i risultati nell’Acropoli, insieme alla mia collega, Silvia Fogliatto. La situazione mi pare un po’ migliorata. Mi fa piacere sapere che un pezzetto di Trofarello ha dato un contributo per la difesa della culla della civiltà dalle piante infestanti».