CENTRO – Una doppia posizione sulla questione della presenza delle piante di amarena in città. Se da una parte l’amministrazione comunale sta facendo i salti mortali per incrementare la presenza di piante e gli astoni di amarena, il mondo agricolo spiega il motivo per cui la coltivazione della pianta tipica di Trofarello è stata nel tempo accantonata e modificata. «I nostri nonni coltivavano già questa amarena, che per stessa definizione è un frutto dal gusto particolare. I tempi cambiano e sono cambiati anche i gusti. Già durante la precedente generazione di consumatori. Oggi il gusto e le preferenze sono ulteriormente modificati. I giovani non amano questo frutto. Che faccia bene non si discute, ma il mercato del consumatore giovane è assolutamente morto. Fino a che si è arrivati a livello di ricerca ed incroci a creare un prodotto frutto del matrimonio tra la vecchia amarena e la ciliegia. Da questo incrocio è nata una amarena più bella, più dolce, dal nome “Marisa”. Il giovane ha iniziato a concepirla come frutto commerciale e gradevole. La Marisa ha riscosso un discreto successo ed ha iniziato ad avere un mercato. La tradizionale amarena è rimasta ad appannaggio dell’industria alimentare e conserviera che ancora oggi la cerca per trattarla. Quella amarena che era oggetto delle grandi manifestazioni della fiera di giugno a Trofarello non esiste più. Sono tempi passati che non esistono più e che non potranno più tornare. Fa parte della storia, sia del frutto, del paese e del prodotto tipico. In passato è stato un successo nel savonese e nel piacentino, ma sul mercato di Torino non aveva grande successo. In quel tempo c’era una produzione importante e c’era anche una buona manodopera per la raccolta. Ricordiamo che l’amarena ha piante alte che richiede operai specializzati che devono salire su scale alte per la raccolta dei frutti. Oggi la situazione è completamente diversa. Essendo apprezzata, con una richiesta di 20, 30 quintali per sera, gli agricoltori trofarellesi ed i commercianti, allora si spostavano, per trovarne grandi quantità. Oggi la frutticoltura moderna è completamente diversa con i carri raccolta e piante molto più basse. Siamo arrivati ad un momento in cui gli agricoltori hanno iniziato a coltivare la nuova amarena – continua Biino – Qualcosa si raccoglie anche della vecchia. Io come azienda ho fatto un passaggio drastico alla coltivazione del ciliegio moderna e protetta. L’aamrena ha mantenuto un proprio posto ma il rapporto è di 5 ad uno per necessità di mercato. Il prodotto di quegli anni lì, non esiste più e non tornerà più. Bisognerà prendere in considerazione l’dea magari di cambiare il prodotto tipico. Si fa fatica a mettere insieme due casse. Può rimanere il discorso al fine di organizzare la fiera ma diventa difficile mantenere un prodotto del genere. Oggi la coltura ceresicola viene fatta con portainnesti bassi in modo da raccogliere quasi da terra. Nel corso di due, tre generazioni si è cambiato modo di coltivare e modificando anche il prodotto. Altri hanno mantenuto la vecchia produzione per mantenere la tradizione, incorrendo poi nel problema di trovare un mercato. Occorre capire che si tratta di una evoluzione del reddito. Per i nostri nonni la coltivazione dell’amarena era il 60/80 per cento dell’incasso annuale dell’intera azienda. Oggi la coltivazione di amarena rappresenta uno zero virgola qualcosa. Poi anche il cambiamento climatico ha avuto la sua voce in capitolo. Oggi si rischia di dare addio ad un raccolto a causa di una gelata, un temporale che distrugge i fiori. Trenta anni fa il clima era differente. Io ho messo tutto sotto serra perché in 12 anni ho raccolto un anno solo perdendo i raccolti degli altri anni a causa di problemi legati al tempo – conclude Biino – La vocazione del terreno è proprio della ceresicoltura ma bisogna cambiare in base alle nuove tecniche ed ai nuovi prodotti per fare un reddito aziendale».