L’ombra di Koko in città

CENTRO – Anche Trofarello è stato sfiorato dallo scandalo della catena Koko. La settimana scorsa si sono presentati in comune i carabinieri e ne sono usciti con una serie di faldoni. Al momento pare non vi siano coinvolgimenti degli impiegati comunali, legati alla vicenda Koko solo per la conoscenza di impiegati di altri comuni coinvolti in modo pesante. Nessun dipendente infatti sarebbe stato interessato da limitazioni allo svolgimento delle proprie mansioni. La strategia dell’imprenditore di origini cinesi Wang Qiang, commerciante cinese fondatore della catena di negozi Koko, presenti a Moncalieri e Torino, era quella di oliare gli ingranaggi della burocrazia per velocizzare e superare gli ostacoli con piccoli doni, come le 300 mascherine fatte arrivare in diversi comuni della provincia di Torino in piena pandemia. Ma anche prosciutti, saponi e oggetti dal valore quasi irrisorio. Quindici sono gli indagati nei comuni vicini. Qualcuno è stato arrestato, altri sono stati sollevati dall’incarico. Scopo dei regali era girare ostacoli ed aprire nuovi punti vendita anche attraverso buoni benzina e cestini regalo. Piccoli doni per incentivare le aperture dei propri punti commerciali. Trofarello risulterebbe estraneo al problema visto che non esistono in città punti vendita della linea KoKo o di altri imprenditori cinesi. La situazione comunque resta coperta dal riserbo dovuto alle indagini in corso. Lapidario il commento del sindaco Stefano Napoletano: «Non conosco le carte. Posso solo dire che tutti i dipendenti godono della mia fiducia e mi auguro che si riesca a chiudere questa brutta storia».

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