CENTRO – Il nuovo parroco della città Don Beppe De Stefano, arriverà a settembre o ottobre. Il periodo lo deciderà il vescovo ma nel frattempo siamo andati ad intervistarlo in canonica, nella parrocchia dove esercita: Madonna delle vittorie a Moncalieri. Lo troviamo che ci aspetta sul portone della canonica ci accoglie a braccia aperte mentre ci invita a parcheggiare nel posto riservato alla chiesa. Sorridente e accogliente ci fa accomodare in canonica. Un lungo corridoio e siamo in un salone pieno di scatoloni tra caramelle e patatine, riso ed altre leccornie. «Sono i premi per l’estate ragazzi. Non mettetemi in ordine la stanza. Scherzo naturalmente. Sono molto ironico» esordisce don Beppe. Insomma uno spettacolo parlarci assieme. Don Beppe appare subito per quello che è: una persona estremamente solare. Inizia a chiederci se vogliamo delle patatine, un caffè, dei cioccolatini. «Ma cosa mi chiedi?… io sono timido… parlo poco… ma solo nelle grandi occasioni… Nelle omelie parlo per tre minuti, quattro quando mi sento chiacchierone… – esordisce per giustificarsi sul fatto che per il momento preferisce non fare un video – Mi piace al contrario ascoltare e chiacchierare… mi piace la Chiesa tra la gente… è la missione di un parroco… Tra le mie attività evangeliche c’è la visita e la benedizione delle case e delle famiglie. I trofarellesi non si stuopiscano se mi vedranno al bar, a conversare con le persone e magari anche a prendere un caffé». E così don Beppe inizia il racconto della sua vocazione tardiva. «Sono di origini campane, Ercolano, per la precisione. Ma i miei genitori si sono sposati qui a Torino e qui sono nato io. Una famiglia di umili origini e di possibilità economiche modeste, ma onesti e lavoratori. Ne sono fiero». E proprio il lavoro è ciò che contraddistingue don Beppe. Perché proprio il lavoro ha sempre caratterizzato l’esordio della sua vocazione. «Nato il 9 aprile 1970, sono nato spiritualmente nella parocchia di Santa Croce, nel borgo del fumo, zona Vanchiglia. C’era un bravissimo parroco che ha guidato la comunità dal 1967 al 2009: don Giovanni Ballesio, classe 1930, un vero esempio per me, la mia fede, la mia vocazione. Un gran lavoratore che si donava alla comunità e faceva tutto per la sua gente fino allo stremo delle forze, dalla mattina alla sera. Ho studiato all’istituto Lagrange come applicato ai servizi amministrativi e poi ho iniziato a lavorare abbastanza presto, prima in un laboratorio gastronomico ormai inesistente in corso Brunelleschi per quattro anni e poi sono stato assunto alla TNT come impiegato alla direzione amministrativa. Proprio qui, agli inizi degli anni ‘90, ho iniziato a maturare la mia Vocazione. Ho sempre continuato a frequentare l’oratorio, a volte controvoglia, come tutti i giovani in quell’età. In quel periodo esistevano le zone pastorali dove andavamo per gli incontri mensili dei giovani. Iniziavo a pensare che anche io avrei potuto diventare prete. Ho un cugino che, si chiama come me, Giuseppe De Stefano, che è Francescano ed anche lui per me era un esempio. Man mano che gli anni passavano la mia vocazione maturava. Mi sono confidato con una laica consacrata che era della mia parrocchia che mi organizzò un incontro con don Nino Salietti che all’epoca era padre spirituale del seminario Minore e poi con don Marino Basso, che all’epoca era vicerettore. Spiego loro che non avevo fatto gli studi ginnasiali e che avevo necessità di lavorare. Mi hanno lasciato la possibilità di prendere il diploma magistrale lavorando e poi ho proseguito con il seminario. Nel 1995 mentre studiavo per il diploma magistrale ero già inserito nel seminario. Dal 2004 al 2010 mi sono preso una pausa e poi subito dopo ho ripreso con una esperienza a Santena per arrivare ad essere consacrato Diacono nel 2012 e sacerdote nel 2013, quando ho fatto la mia prima esperienza da viceparroco nella parrocchia del Cottolengo con don Sergio Bosco che era il successore di don Giovanni Griva. Ho sempre lavorato, perché, non mi vergogno a dirlo, la mia famiglia era di modeste condizioni sociale ed anche il mio supporto economico era fondamentale. Ho seguito sempre tutto, anche nella pausa che mi sono preso. Ero convinto di restare a fare il parroco al Cottolengo ed invece sono stato destinato a Settimo Torinese come vice parroco e nel 2016 sono arrivato qui a Moncalieri come parroco a Nostra Signora delle Vittorie. Dopo 5 anni andrò a Trofarello. Sono contento. E’ una parrocchia più grande, un’impresa difficile per essere all’altezza del bravissimo don Sergio ma farò del mio meglio per fare in modo di adempiere a questa impresa così difficile. Chiedo ai trofarellesi di pregare per me perché sono agitatissimo e di starmi vicino. So che è una bella famiglia e chiedo loro di continuare così. Io farò del mio meglio per portare avanti il lavoro già fatto da don Sergio e da don Giovanni Griva che stimo tantissimo per la sua grande fiducia nella preghiera».