CENTRO – Salendo da via Romita, a Trofarello, superato l’incrocio di via San Giovanni Bosco, sulla sinistra, vi è un’area parcheggio e una piccola oasi verde, senza una targa o un nome commemorativo, con una panchina rossa che costeggia la strada. Al limitare del prato, il muretto di un caseggiato, oltre, altre costruzioni che man mano nascono e si inerpicano su per la collina di Trofarello. Tra una villetta nuova e una villa antica, qualche pianta, qualche fiore, un po’ d’erba incolta al margine dell’asfalto… un albero di amarene che butta timidamente i suoi rami al di là di una cinta. Sull’asfalto qualche macchia rosso vivo di una ciliegia calpestata. Sono lontani i tempi dei poderi, dei vigneti e dei cultivar di ciliegi in fiore che ricoprivano quasi interamente i versanti della collina, da Moncalieri a Chieri, passando per Truffarello, lungo l’antica via del sale.
A questo certamente pensava Piero Vacchio, commissionando il murales ai giovani artisti, Lorenzo Lombardini e Alessandro Chiavarini, da eseguire proprio lì, sull’intonaco di quel muretto che divide il “parco senza nome” dal suo giardino. È così che, bomboletta dopo bomboletta, il grigio è diventato bianco. Poi tutto un corollario di colline verdi sotto un cielo d’azzurro e riflessi rosa. Poi le ombre e un fiorire di ciliegi, disseminati tra il castello di Moncalieri, illuminato dalla sua famosa e intrigante luna, la parrocchia storica di Testona, la chiesetta di San Giuseppe e il santuario di Madonna di Celle. Potremmo persino distinguere le ciliegie e i duroni della collina di Pecetto dalle griòte di Trofarello. Se volessimo ancora potremmo chiudere gli occhi e sentire i canti dei “ceresè”, giunti dai paesi vicini, tra i rami e le foglie, sulle loro lunghe ed esili scale, dalle prime ore dell’alba. Potremmo sentire il chiacchiericcio dei commercianti a fare il prezzo al mercato, e dei ragazzi a vendere i cestini con la “cormura”, ciliegia per ciliegia, disposte in maniera geometrica. Certo è che non si può non notare il cartello e la donna sulla scala appoggiata all’albero di amarene, che, delicatamente, stacca quel meraviglioso frutto, uno ad uno, prendendolo dal picciolo, fino a riempire il cestino, posato sulla fresca erba, che i bambini, per il momento trattenuti dal padre, di lì a poco svuoteranno.
La frase “L’individuo che non ama la propria terra non onora se stesso”, in calce a chiudere la scena, descrive perfettamente lo spirito e l’intendimento di questo murales: Un atto d’amore di Piero verso il proprio paese.
Bruno Giovetti