Cercherò di essere lucido. Ci proverò. Conosco don Giovanni da 34, 35 anni. Dal tempo del gruppo giovani della parrocchia di Trofarello. Il più assurdo gruppo di ragazzini (tra i 13 ed i 18 anni) che abbia mai conosciuto. Intolleranti al potere precostituito rifiutavamo di avere un animatore che ci guidasse. Don Giovanni arrivava dalle colonie e quindi con noi si scontrò subito. Ci perdonò e ci fece fare a nostro modo. Si sedette e restò a guardare. Fu contento e soddisfatto di come venimmo su. Il suo animo era grande e generoso. Per inteso, don Giovanni era un prete ma anche un grande imprenditore… uno pratico insomma. Per don Giovanni ho fatto per 10 anni ogni genere di stampato, il bollettino parrocchiale, perfino un libretto di vespri. Don Giovanni mi voleva bene. Me lo ha sempre dimostrato e probabilmente questo è stato il mio più grosso problema agli occhi degli altri. Ma questa è un’altra storia. Di don Giovanni ricorderò il pellegrinaggio a Santiago insieme ad un altro gruppo di matti. 730 chilometri. La prima volta in bici e la seconda a piedi. Una avventura incredibile. Lui sempre primo. Aveva già intorno a 70 anni. Ricorderò la stima che aveva per i direttori della sua azienda e di come spesso dovesse scornarsi con i suoi collaboratori più stretti perché lui era un rivoluzionario e loro molto più conservatori. Ricorderò anche la sua più grossa frustrazione. Non aver fatto il missionario, direttamente…. andando in Africa a lavorare. Per amore della madre, che non voleva lasciare. Frustrazione che lo avevano comunque portato in tempi recenti a realizzare una missione in Mali e ad inviare ogni tanto un container di materiale per l’Africa. Ricorderò la tristezza per non essere riuscito a realizzare quel centro studi per lo sviluppo della cultura della disabilità e della geriatria che avrebbe voluto realizzare. Ricorderò i suoi tratti molto, molto umani. Ricordo come l’abbia sempre ritenuto un padre, pronto a consigliarmi. Anche quando i suoi consigli non si sono rivelati tra i migliori. Ma era un uomo anche lui. Comunque c’era. Ora spero che ci metta una mano sulla testa perché ora che non c’è più tutto si farà più difficile e noi non avremo più un amico pronto ad ascoltarci.
Arrivederci don Griva
Roberto D’Uva