Centro – Sembrerebbe che molti degli operatori d’assistenza all’interno della casa Trisoglio sarebbero malati. Un lavoro duro e, a volte denigrato, quello dell’Oss. Abbiamo intervistato un operatore d’assistenza trofarellese che lavora in una struttura del circondario. «Mai, come in questo periodo, il mestiere dell’operatore socio sanitario è messo a dura prova.
Il lavoro nelle case di riposo, già pesante e difficile, ora più che mai è diventato insostenibile – spiega Letizia, (nome di fantasia che le abbiamo dato per tutelarne la privacy). Tutto in questo periodo è stravolto ma si cerca di mantenere una “normale” quotidianità agli anziani. Noi, da sempre, siamo sottoposti a critiche. Noi che ci prendiamo cura di queste persone fragili.
Noi oltre alle cure del corpo, ci occupiamo anche della cura dell’anima, perché, noi, passiamo più tempo sul posto di lavoro che a casa. E le dinamiche arrivano a far sì che si instauri anche un legame affettivo.
Quando il giorno di Natale figli e nipotisono a casa a pranzare, con loro ci siamo noi.
Quando al compleanno i parenti non possono esserci, ci siamo noi.
Quando la tristezza li pervade, noi siamo con loro, con una parola di conforto, con un abbraccio e anche con un bacio.
Questo corona virus ci sta togliendo tutto questo.
A tutti i parentri è negata, per motivi di sicurezza, l’accesso nelle strutture, ma a noi è tolta la possibilità di un abbraccio, quando le parole non bastano al conforto – continua Letizia che ha quasi 9 anni di servizio – Costretti a lavorare con mascherine, camici ed altri dispositivi di protezione.
Entriamo nelle stanze degli ospiti quasi come se fosse un film di fantascienza. A volte, quando qualcuno è raffreddato, l’isolamento cautelativo è dovuto.
Immaginatevi di essere per ovvie ragioni, chiusi in una stanza, da soli, e quando qualcuno viene ad assistervi o a darvi da mangiare, lo fa come se stesse per esplodere una bomba.
L’attenzione che poniamo per la loro tutela e per la nostra tutela, credeteci, non ci fa vivere più serenamente il lavoro come qualche settimana fa, lo stress mentale è forte, l’attenzione deve essere a mille. Per loro, sono rimaste solo più le parole. Gli sguardi, gli abbracci, i baci e le strette di mano sono vietate, per la loro sicurezza. Noi non possiamo più sostituirci ai parenti nei gesti d’affetto. Eppure, eppure cerchiamo di non farli sentire soli – conclude Letizia – Per favore, non fate sentire soli nemmeno noi».