CENTRO – Non c’è stata partita neanche quest’anno per gli avversari di Simone Veronese, che a 44 anni si conferma campione italiano di ciclocross per il secondo anno consecutivo.
«Sono partito in testa e ho mantenuto il distacco dagli altri 29 giocatori per tutti i 50 minuti della gara senza grossi problemi – racconta Veronese – D’estate mi alleno in media due ore al giorno, mentre d’inverno un’ora usando i rulli. Quanto basta per essere in piena forma ad ottobre quando inizia la stagione di Ciclo Cross. Il Ciclo Cross richiede molta abilità nella guida. Si corre su percorsi disegnati e delimitati su prati. Non necessariamente vi deve essere un dislivello notevole. Possono esserci anche dei percorsi cittadini o all’interno di una cava. La gara è a tempo e si svolge in 50 minuti più un giro. Quando ho più tempo faccio anche dei giri più lunghi, ad esempio quest’anno, assieme ad alcuni ciclisti, abbiamo percorso in 10 ore 200 km con 5000 metri di dislivello partendo da Scalenghe, arrivando al Colle dell’Agnello per poi scendere in francia e arrivare a Pinerolo».
Il 19 gennaio Simone è stato premiato alla gara di coppa Piemonte. E’ stato già incoronato primo assoluto del campionato regionale Ciclocross. Prossimo appuntamento?
«Il 26 gennaio, quando parteciperò ai campionati italiani a staffetta con Ivano Favaro, dove sono sicuro di arrivare sul podio».
Veronese abita a Trofarello da una vita e da 20 anni vive a Valle Sauglio. E’ tecnico di macchine automatiche per la pulizia industriale dei pavimenti.
«Ho sempre amato spingere il mio fisico al massimo, arrivare primo. Da bambino giocavo a calcio, non avevo dei buoni piedi ma grazie al mio fisico correvo, giocavo, prendevo palle, intercettavo giocate, insomma mi davo da fare. Ho giocato in prima e seconda categoria. Ho giocato a Trofarello, Pralormo, Chieri dalla prima alla terza categoria. Poi ho deciso di dedicarmi alla bicicletta che comunque era uno sport che mi piaceva».
E’ stato difficile raggiungere questo secondo podio nazionale? «Diciamo che mi sentivo bene ed ero certo che il mio corpo avrebbe risposto. Dopo l’exploit dell’anno scorso, temevo che gli avversari mi guardassero con maggiore diffidenza attaccandomi nella gara. Invece è andata più che bene ed alla fine del primo giro ho capito, avendo già 10 secondi di vantaggio rispetto al concorrente che mi inseguiva, che il titolo poteva essere mio ed ho spinto per tutti i 50 minuti».
Damiano D’Uva