CENTRO – Il trofarellese Bruno Giovetti incaricato di coordinare due serate sugli antichi mestieri e sulla storia e tradizioni locali. Giovetti ci racconti di questa sua nuova impresa che è andata in scena giovedì scorso.
«Nell’ambito dei più di cento eventi all’anno che l’associazione torinese “Cultura e Società” promuove e precisamente in un ciclo di appuntamenti indetti per celebrare “La Festa ëd Turin”, mi è stato chiesto di organizzare due serate al salone Imbesi di via Moretta sugli antichi mestieri e sulla storia e tradizioni locali.
Nel tempo avevo sempre preso parte, ma mai organizzato in prima persona eventi simili e inizialmente ho sentito il peso della responsabilità.
Poi però tutto è stato facile perché mi è bastato mettere insieme una parte di tutto quell’universo di volontari e di splendide persone che in questi anni ho conosciuto e frequentato, in associazioni, nei gruppi storici e folcloristici, nell’universo variegato dell’arte di Torino e dintorni.
Ed è successo che lo “Spettacolo” ha preso vita da solo, a me è bastato unire i fili.
Ecco che la prima sera il salone si è riempito di gruppi folcloristici e di mestieranti, provenienti da Asti, Cuneo, Candiolo, Nichelino e Torino.
Ecco che hanno preso vita contadini, vetrai, le sartine, i vignaioli, gli spazzacamini. Questi ultimi veri, con uno “Spaciafurnel” di 91 anni che ricordava quando, da ragazzino, si infilava nei camini – continua a raccontare Giovetti – Poi la fisarmonica e i cantastorie e le grida dei mestieranti di un tempo, con una vecchia bici..
Poi le poesie ed infine balli, vino e salame per tutti. Una festa tale che i partecipanti si attardavano ad uscire perché ancora volevano cantare l’ultima canzone popolare o fare un passo di danza.
La seconda serata, quella di Giovedì scorso, sulla storia e tradizioni locali, ho voluto coinvolgere i gruppi storici e maschere anche del mio paese, Trofarello, oltre che dei dintorni e portare a Torino le nostre storie e le nostre tradizioni.
Lo schema è stato il solito, basato sulla collaborazione e condivisione che fa sì che le cose riescano e ci si diverta pure.
E allora abbiamo sentito e rivissuto la storia di Fra Fiusch di Rovigliasco e i suoi studi alchemici, del castello dei Parpaglia dei signori del castello di Candiolo, del fantasma Giacòt del castello dei Guagnone di Truffarello, dei templari e del ponte di Montescaleris. L’origine di Busca e delle sue maschere, dell’abbazia dei folli e della benedizione dei buoi a San Giovanni e degli “spadonari”. Abbiamo sentito la ghironda, la chiarina e l’origine degli “Stranom”, poesie e danze popolari.
Tutto questo per merito di un gruppo di persone che volontariamente, a spese proprie, si prestano per diffondere le nostre tradizioni e la nostra cultura, a volte considerata povera, ma che è nelle nostre radici ed è bene non dimenticare. Queste persone, io le conosco. Sono onorato di avere la loro considerazione e amicizia e sono altresì felice che sopravvivano e si oppongano ad un mondo che guarda solo al presente, individualista e va verso l’appiattimento culturale da un lato e all’intolleranza delle altrui culture dall’altro.
Spero vivamente che tutto questo possa continuare, dovunque si voglia fare, perché non scordare il nostro passato ci aiuta ad affrontare e capire il nostro futuro e ricordarlo tra un ballo e una canzone o una poesia, migliora pure il nostro presente».