CENTRO – Una laurea in scienze politiche, un patentino da operatore Rov, viaggia in tutto il mondo per manovrare mini sommergibili per depositare cavi, e recuperare relitti nelle profondità marine, dove i sub non possono arrivare. Raffaele Gastaldi, pecettese di origine e trofarellese d’adozione, con una esperienza in Bosnia come Cooperatore internazionale nel Campo Butmir di Sarajevo, ha partecipato al recupero della Costa Concordia. «Sono pilota di questi piccoli robot sottomarini che possono raggiungere profondità marine impensabili per un sub senza l’utilizzo della camera iperbarica e quindi molto meno costosi dal punto di vista della gestione, perchè i robot possono stare in acqua senza pause. Le attività vengono utilizzate soprattutto per la manutenzione o per la posa di linee di gas e petrolio. Alle operazioni di recupero della Concordia abbiamo infatti sostenuto turni di lavoro di 12 ore con una operatività di 24 ore al giorno. Il cantiere era sempre in movimento. Sono stato in Brasile, in Africa, in Turkmenistan. Ho preso parte agli ultimi due mesi dell’operazione di recupero della Costa Concordia dove c’erano almeno 9 di questi sottomarini. Il nostro compito era quello di svolgere attività di assistenza ai sommozzatori. Grazie alle sue telecamere i robot sono un importante supporto ai palombari che comunicano attraverso dei cavi con la bse in superficie. Durante il recupero della nave Concordia sono state posizionate 12 catene per poi essere tirate contemporaneamente e permettere il galleggiamento dello scafo affondato attraverso i 14 cassoni pieni d’aria posizionati ai lati della nave». Quali sono state le difficoltà più grose che ha incontrato durante questo lavoro? «Faccio questo lavoro da 8 anni e quello della Concordia è stato il cantiere che fra tutti si è rivelato il più difficoltoso. Adesso la criticità più grossa è la carenza di lavoro. Dato per scontato che il mio lavoro è un lavoro stagionale che si arresta o comunque rallenta sensibilmente durante l’inverno a meno che non si vada a lavorare in India, Africa o il golfo Persico. C’è stata una ulteriore flessione dovuta al calo del prezzo del petrolio.
Le compagnie petrolifere hanno tagliato molto i fondi destinati a questo tipo di investimento soprattutto per quanto riguarda le manutenzioni. Così io e altri miei colleghi siamo un po’ in crisi, ma la passione rimane. Il mio record di lavoro fuori casa su una piattaforma o su una nave è di 69 giorni ma alcuni miei colleghi ne hanno fatti di più. In questo momento faccio il papà a tempo pieno».