E accantono una nuova Notte Bianca dove poter dire nuovamente “Io c’ero”.
Una Notte Bianca che sa di nuovo, dove ho visto giovani ballare sotto un palco fino alle 2,15 di notte (ma solo perché a quell’ora hanno staccato la musica). Anche se spero di vedere un giorno una vera Notte Bianca, dove la musica stacca alle 4 o alle 6. Un po’ come dire “Trofarello come Rimini”. Vedere giovani in un posto dove sono spesso evasivi, distanti, coatti, cittadini forzati, è stato come respirare una boccata di aria fresca.
E improvvisamente ho capito che c’è speranza, che il paese non è morto.
Che non è solo balere e distintivo, ma cuore pulsante di una città che balla, di una città che vive e respira.
E a chi non è venuto perché uno stupido cellulare gli diceva che ci sarebbero state piogge e temporali posso solo augurare di fare più conti col cuore che con il portafoglio. Perché ho un’amica con cui corro e con cui ho rischiato di non trovarmi molte volte perché il meteo ci diceva no e perché tre ore prima era grandinato. E invece siamo andati a correre, in pomeriggi freschi decorati da pigre nuvole frastagliate o caldi e soleggiati, dorati da un sole vigoroso.
Le Notti Bianche a volte bisogna farle di slancio.
Bisogna prendere un respiro e saltarci dentro senza pensarci troppo. Senza pensare ad affari, capelli bagnati, gente poco coraggiosa che forse non verrà.
Perché la pioggia, come la neve, da lassù ci guarda, sorride e se ne frega.
Marco Andreoli
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