Erano gli anni del mettersi in gioco. Con pochi soldi e tante idee.Con tanta voglia di far conoscere, di far emergere, di trovare spazi per chi faticava ad averli. E, nello stesso tempo, per far ballare, cantare, divertire, aggregare, incontrare gli allora giovani di Trofarello.
Sembra ieri, invece lo è.
Abbiamo incontrato Daniele Albertin e Giulia Prastaro due delle menti e delle braccia dietro l’associazione (ancora viva) Spazio Ex Fornaci.
Iniziamo a buttare lì qualche data. Quando inizia l’attività l’associazione o quella che poi sarebbe diventata tale?
«Innanzi tutto è nata non come Spazio Ex Fornaci – precisa Daniele Albertin, il cuore dell’associazione – ma come Prima Vera Musica, una rassegna del 1989, in primavera, appunto, che, se vogliamo, è stata una sorta di prova. In quel caso ci abbiamo addirittura rimesso. Da quel gruppo, che comprendeva anche persone di Valle Sauglio e che si è poi sciolto, ne è nato un altro, quello dello Spazio Ex Fornaci. Erano tempi in cui per fondare un’associazione ci volevano dei soldi, per fare le cose seriamente era necessario registrare uno statuto dal notaio e per recuperare i fondi necessari abbiamo iniziato ad organizzare dei mercatini. Abbiamo cominciato a svuotare le case da ninnoli vari per una sorta di autofinanziamento. Andavamo ogni domenica e, ad un certo punto, era la gente stessa che, sapendolo, ci regalava degli oggetti. Mi ricordo di un signore che ci regalò diverse valigie piene di Kodak Pocket, delle macchine fotografiche che avevano un certo valore presso i collezionisti. Così raccogliemmo i primi fondi per registrare lo statuto e per iniziare a far qualcosa».
Quindi l’anno effettivo di costituzione?
«Fu il 1990. Ma quello della raccolta fondi tramite i mercatini non fu l’unico colpo di fortuna. Non ricordo più in quali circostanze conoscemmo Guido Quattrocolo che si occupava di allestimenti, audio e luci e che ci forniva i service ad un prezzo veramente stracciato. Noi infatti già dal secondo anno avevamo una struttura che ci invidiavano tutti. Guido portava dei tecnici del suono che seguivano i grandi cantanti italiani. Collaborammo con lui per diversi anni ma poi divenne sempre più impegnato e difficile da reperire e decidemmo che il nostro sodalizio era giunto al termine».
Adesso sono curioso di sentire qualche nome che alcuni ex giovani di Trofarello hanno visto suonare dal vivo e ricordano certamente con piacere.
«Innanzi tutto è assolutamente necessario precisare che il nome, Spazio Ex Fornaci, denota un’associazione nata per dare spazio, soprattutto ai gruppi emergenti. I primi anni le rassegne partivano addirittura nel pomeriggio, con grande gioia di chi abitava lì vicino, per dare visibilità ai gruppi che altrimenti non avrebbero potuto trovare spazio. In quattro giorni si alternavano anche venti, venticinque gruppi. Naturalmente il mercato esige anche di avere qualche gruppo di richiamo che aiuta ad attirare la gente e a far quadrare i conti. Se vogliamo citare un nome su tutti possiamo nominare gli Africa Unite, serata in cui vendemmo 48 cartoni di Ceres da 24 bottiglie, tre quintali e mezzo di birra alla spina e un quintale e mezzo di Coca Cola. Ricordo che la data prima, loro erano in tour in Inghilterra: c’era l’Inghilterra e poi c’era Trofarello. Tornando ai nomi a parte gli Africa, ci sono stati Andrea Braido, i Persiana Jones, i Tribà, Fabio Treves, Fiamma Fumana, i Fratelli Sberlicchio, i Trelilu, Gabriel Delta, Mr. T-Bone, i Lou Dalfin, il mitico Coro delle Mondine di Novi e molti, molti altri».
E per quanto riguarda la cadenza dell’evento? Era un appuntamento annuale?
«Si. Anche se un paio d’anni la rassegna non si è fatta. La durata della rassegna variava dai tre ai quattro giorni e il periodo era principalmente a maggio/giugno. Avevamo la partecipazione di alcune associazioni che invitavamo tutti gli anni quali Amnesty International, Emergency, Libera, Altromercato che mettevano il loro banchetto e con cui, gli ultimi anni, siamo riusciti a collaborare organizzando delle serate a tema al Marzanati in un momento diverso dalla rassegna».
E poi cosa è mancato ad un certo punto? Come mai questa spinta si è affievolita?
«Diciamo che siamo andati avanti fino ai vent’anni, l’ultima rassegna è del 2011. Dopo tutti questi anni eravamo un po’ saturi ma forse se avessimo incontrato una spinta propulsiva anche da parte dell’amministrazione avremmo potuto rimetterci in gioco per qualche serata particolare, ad esempio. C’è stato un avvicinamento qualche anno fa di alcuni giovani che poi non se la sono sentita anche se dietro ci saremmo stati sempre noi a dare una mano».
Qualche aneddoto finale che avete da raccontarci?
«Ci sono stati anni in cui avevamo il calendario pieno e alcuni artisti ancora sconosciuti non ebbero la possibilità di partecipare alla rassegna: uno fu Sergio Cammariere. Una volta, addirittura, ricevetti un CD masterizzato contenente un paio di pezzi. Lo ascoltai, l’artista era davvero bravo ma non riuscii a trovargli un posto. Devo avere ancora il CD da qualche parte, con il titolo e il nome dell’autore scritto con un pennarello. ‘Follie preferenziali’. Caparezza».
Marco Andreoli