CENTRO – Dalla Romagna a Trofarello, passando anche dai clienti degli Stati Uniti. E’ in sintesi la storia di Bepiciccio, piadineria trofarellese gestita da padre e figlia con la passione per questo tipico piatto romagnolo. Alessia Peruffo e suo papà Luciano sono i titolari di Bepiciccio, il locale di via Torino 21 dove, dal 6 settembre dello scorso anno, si serve a pranzo e a cena la vera piadina romagnola.
Luciano è arrivato a Trofarello nel 1963, dodicenne, dalla Sardegna e Alessia vive qui da sempre.
Svelateci un segreto: cosa significa “Bepiciccio?”
«Il nome Bepiciccio – risponde Alessia – deriva dai nomi dei miei due nonni che sono mancati nel 2009 a pochi mesi uno dall’altro: Bepi (Giuseppe in veneto) era il papà di mio papà mentre Ciccio (Francesco in calabrese) era il papà di mia mamma. Sull’onda di questa scelta abbiamo poi chiamato le piadine con i nomi dei nostri familiari».
Alessia e Luciano, perché la piadina a Trofarello?
«Perché siamo di Trofarello! Quando si è liberato il locale, precedentemente sede di Flipet, abbiamo colto al volo l’occasione di realizzare un sogno. Ci siamo informati e improvvisamente ci siamo trovati coinvolti in questa avventura».
Quindi è un sogno che si realizza?
«Sì – risponde Alessia con orgoglio – un sogno che nasce da un hobby. Io ho vissuto a Pesaro quando studiavo Sociologia ad Urbino, e lì ho imparato a cucinarle, anche perché ho lavorato in un albergo. Là tutti la preparano in casa, e quando tornavo a Trofarello la preparavo alla famiglia e tutti la gradivano».
Parliamo della piadina…
«La piadina è un prodotto giovane, con un costo contenuto, piace al ragazzino come alla famiglia.
Noi facciamo l’impasto della piadina (o piada) sfogliata romagnola classica seguendo la ricetta originale. Lo strutto è l’elemento tipico, che è naturale e fa meno male ad esempio della margarina, ed è l’ingrediente che conferisce alla piadina la sua fragranza e permette la formazione della tipica crosticina. La piadina ha una doppia lavorazione: si fa una prima stesura ed una seconda in cui si riarrotola per poter formare la crosticina al momento della cottura.
L’Emilia Romagna ha richiesto il marchio IGP per la piadina romagnola e noi la facciamo secondo quel disciplinare: farina, acqua o latte, sale e strutto, con piccole macchie ambrate di cottura, compatta e friabile, un po’ più piccola e spessa dell’altra piadina, quella riminese».
«La piadina è un piatto povero – interviene Luciano – che nasce dalla tradizione. Era il pane dei poveri, il sostituto del pane a cui si ricorreva tra un’infornata settimanale del pane e l’altra. La parola “piada” è stata ufficializzata per merito di Giovanni Pascoli che italianizzò la parola dialettale romagnola ‘piè’ in un suo famoso poemetto, in cui la definisce alimento antico quasi quanto l’uomo».
Quali sono le principali soddisfazioni che avete ottenuto finora?
«Soddisfazioni ne abbiamo avute tante, a partire dall’inaugurazione, quando ci hanno letteralmente riempiti di fiori, anche da parte di gente che non ci conosceva. Abbiamo continue dimostrazioni d’affetto, si vede che la gente ci vuole bene, e questo dà la carica.
Abbiamo avuto molte recensioni positive su Trip Advisor, addirittura dagli Stati Uniti, commenti entusiastici sulla nostra pagina Facebook. Poi lo vedi e lo senti, la gente ritorna, anche i clienti nuovi ritornano. Certo, le difficoltà ci sono, la crisi tocca un po’ tutti. Un anno sembra molto ma è ancora presto per vedere tutti i risultati».
Avete delle proposte?
«Le feste aiutano e la gente dà subito risposta – dice Luciano – come abbiamo visto alla festa di Halloween o al nostro compleanno».
«In generale – riprende Alessia – le feste aiutano ma non possiamo pretenderne una al mese. Purtroppo Trofarello è penalizzata dalla mancanza di un centro storico, presente invece a Santena e Vinovo, anche solo per parlare di paesi delle dimensioni paragonabili alla nostra. La conformazione del paese non agevola in questo e lo spostamento di diverse iniziative dalla piazza I Maggio alle Fornaci non ha aiutato. Forse si potrebbero riaccentrare le iniziative».
Un ultimo messaggio ai trofarellesi…
«Viviamo Trofarello! I centri commerciali attirano molto ma in fondo Trofarello ha ancora tutto. Cerchiamo di alimentare il commercio locale: ora che abbiamo il negozio, anche noi abbiamo modificato il nostro modo di pensare e di comprare, privilegiando il piccolo commercio locale piuttosto che il grande centro commerciale. E spesso si finisce con spendere anche meno».
Davide Roccati